martes, 26 de febrero de 2019

Una Roma lontana e assassina


Quando due poliziotti in borghese le annunciano, al mercato, che Ettore è morto, Mamma Roma, con una corsa che ricorda una celebre sequenza di Roma Città aperta, corre verso casa e cerca di suicidarsi lanciandosi dalla finestra. Viene salvata dagli altri "mercatari", e lasciata alla sua terrena disperazione, con lo sguardo perso in una Roma lontana e assassina che le fa da controcampo.
(Angela Molteni, 1997)



domingo, 24 de febrero de 2019

Siamo fatti della stessa materia che sono fatti i sogni

Al di là dei sogni c’è la vita e in questa società dove non ci sono più sogni ma incubi dove andiamo? Scriveva Shakespeare siamo fatti della stessa materia che sono fatti i sogni. Nell’opera Pasoliniana ispirata a Calderon della barca “la vita è sogno”. Calderòn opera teatrale di Pier Paolo Pasolini divisa in tre temi due dei quali il sogno era ancora possibile nell’ultima fase, nel mondo omologato dove i sogni del tempo della storia non ci possono essere più. Ma solo una desertificazione interiore condizionata dal potere omologante che stabilisce cosa devi sognare.
Ero giovane, zingaro errante con le pezze al culo ma ero pieni di sogni – ero veramente un ragazzo dell’Europa avendola girata quasi tutta e in particolare l’Europa oltre la cortina di ferro, l’Europa Comunista. L’ho descritta nel mio romanzo “viaggio d’un poeta attraverso la terra dipinta in quella desolata – Mario Pozzi”.
La libertà è un’esigenza interiore – primordiale, atavica nasce dell’esigenza primaria dell’uomo quella naturale dettata dalla Divina natura e dal suo essere nomade (Lucy e il nomadismo Africano.) Poi si sono fabbricati i muri, le gabbie, i recenti e l’uomo è divenuto schiavo delle stesse regole che si è inventato.
Le istituzioni per loro natura sono sempre commoventi ed essendo commoventi la loro espressione si riduce a pura inutilità e in questa inutilità si è concentrato il potere. Pasolini “Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa padroni e servi non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male nel nostro tempo è tutto qui. 

(Mario Pozzi, Pasolini e il teatro Grecohttps://videotecapasolini.blogspot.com, giovedì 21 febbraio 2019)


jueves, 14 de febrero de 2019

Siamo tutti in pericolo


Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone

#PierPaoloPasolini





martes, 12 de febrero de 2019

Ma a che serve la luce?


Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere / con te e contro di te; con te nel cuore, / in luce, contro di te nelle buie viscere; (..) / Ma nella desolante /  mia condizione di diseredato, /  io possiedo: ed è il più esaltante / dei possessi borghesi, lo stato / più assoluto. Ma come io possiedo la storia, / essa mi possiede; ne sono illuminato: / ma a che serve la luce? (..) / Solo l'amare, solo il conoscere /  conta, non l'aver amato, /  non l'aver conosciuto. Dà angoscia / il vivere di un consumato /  amore. L'anima non cresce più.  (..) / Mi chiederai tu, morto disadorno, / d'abbandonare questa disperata / passione di essere nel mondo?
(Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, Garzanti, Milano 1957)


lunes, 11 de febrero de 2019

Non c’è acqua più fresca che al mio paese.


E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento
Fontana di aga dal me paìs.
A no è aga pì fres-cia che tal me paìs.
Fontana di rustic amòur.
Risuonò la parola ROSADA. Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare. Un ragazzo alto e d’ossa grosse… Proprio un contadino di quelle parti… Ma gentile e timido come lo sono certi figli di famiglie ricche, pieno di delicatezza, poiché i contadini, si sa, lo dice Lenin, sono dei piccolo-borghesi. Tuttavia Livio parlava certo di cose semplici ed innocenti. La parola “rosada” pronunciata in quella mattinata di sole, non era che una punta espressiva della sua vivacità orale. Certamente quella parola in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende di qua del Tagliamento, non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono. Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o scrivendo, certo m’interruppi subito […] E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stata solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere grafica la parola ROSADA.
(P.P. Pasolini, Empirismo eretico, Garzanti, Milano, 1972, p. 62)
Pasolini fissa così, in quella mattina dell’estate del 1941, quando viene pronunciata la parola rosada, l’atto di nascita della prima nuova poesia. La raccolta si apre con un breve componimento ispirato alle rogge che scorrono nel territorio casarsese, e canta la freschezza e la purezza di un mondo da scoprire. (www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it)

Fontana di acqua del mio paese.

Non c’è acqua più fresca che al mio paese.
Fontana di rustico amore.
(Riedizione di Poesie a Casarsa, Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa e Ronzani Editore, Milano 2019)


Fluir de agua renovada, saltos de luz sagrada, olor a verde húmedo, húmeda tierra, húmedos troncos. Bellamente ordenados. Alpendre de mis sueños, fuego de juventud. Fuente de mi rústico amor. Canto frío de besos. Agua fresca que diseñan manos, rocas-mano. En lechos domésticos de sueños fluviales. Hojas que gotean inocencia. Ella trae el rocío, ternura de mi color. Al alba de los rayos del poeta, que vuelve. Filtra sonidos en mi cuerpo, ojos de humedad eterna. Rocío, rosada, rugiada. Salvaje luz de agua sagrada, fresca tierra de leña virgen, juego de hermosura, alba húmeda de nuestra juventud salvaje. (© Román Reyes, 2019)




domingo, 10 de febrero de 2019

Essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo


A Jean Paul Sartre, che mi ha raccontato la storia di ‘Alì dagli Occhi Azzurri’
Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi (..) sulle barche varate nei Regni della Fame. (..) ‘Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!’ (..) Essi sempre umili, essi sempre deboli, essi sempre timidi, essi sempre infimi, essi sempre colpevoli, essi sempre sudditi, essi sempre piccoli, essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare, (..) essi che si costruirono leggi fuori dalla legge, essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo, essi che credettero in un Dio servo di Dio, (..) essi che pregavano alle lotte operaie…
(Pier Paolo Pasolini, Profezia, 1965)


Retrat literari de Pasolini


Petit, prim, nerviós, amb mala entrada, em va ser presentat per Giancarlo Vigorelli, després de la projecció de la pel·lícula. El recordo molt bé, perquè, dins de la seva presència insignificant, s’endevinava una personalitat considerable i  una certa fortesafisica. Tenia, en aquell moment, quaranta-dos anys. Portava una camisa florejadai es posava i es treia –com un tic- unes ulleres negres. Darrere hi havia uns ulls mès aviat grans, amb unes pupilles fosques i dilatades. Tota la seva personalitat –de cara enfora- es concentrava en el triangle del ulls, sostinguts per uns pòmuls potents, i la davallada xuclada de les galtes cap a una barbeta sòlida, lleugerament incisiva. El front i els cabells eren corrents, no determinants en el rostre. Els ulls, la mirada, eren, en canvi, poderosament inquietants. Per dir-ho abruptament: la inquietud de la mirada era semblant a la dels seus amics homosexuals del subproletariat urbà. Això se sap o no, es coneix o no, em va dir un dia un amic a qui no cal esmentar, perquè ell sí que ho sabia. L’esguard de Pasolini era el de l’alerta i la fugida, però això era fugaç. Res mès no traïa la seva pertinença al milieu de la “cacera” nocturna, de la poderosa inexorabilitat que el feia freqüentar els xicots de Corso Vittorio i dels porxos de la Stagione Termini, o d’altres innombrables llocs de la Roma incerta o predelinqüent. Qui no ha conegut la crida salvatge del sexe –el túnel nocturn de les grans ciutats- no entendrà potser la fugaç inquietud de la seva mirada: salvar-se depèn de l’atzar; la ignominia, tambè. És el repte lunar, la incertessa de la fortüitat: darrere hi ha una passió incontenible, la vocació del suïcida –social o real. Els ulls de Pasolini traïen, però, moltes altres coses, entre elles la intel·ligència i la comprensió ràpida, la subtilesa i una enorme curiositat. (Castellet, Josep M., Retrats literaris, Barcelona, Edicions 62, 2018)


La nostra critica verso la nostra società è totale e intransigente

La civiltà consumistica ci ha nauseati. Noi protestiamo in modo radicale. Creiamo un anticorpo a tale civiltà, attraverso il rifiuto. Tutto pareva andare per il meglio, eh? La nostra generazione doveva essere una generazione di integrati? Ed ecco invece come si mettono in realtà le cose. Noi opponiamo la follia a un destino di executives. Creiamo nuovi valori religiosi nell’entropia borghese, proprio nel momento in cui stava diventando perfettamente laica ed edonistica. Lo facciamo con un clamore e una violenza rivoluzionaria (violenza di non-violenti!) perché la nostra critica verso la nostra società è totale e intransigente".

(PPP, “Contro i capelli lunghi”, Corriere della Sera, 7 gennaio 1973)



sábado, 9 de febrero de 2019

Il poeta dovrebbe esser sacro


Orazione di Alberto Moravia ai funerali di Pasolini 
Poi abbiamo perduto anche il simile. Cosa intendo per simile: intendo che lui ha fatto delle cose, si è allineato nella nostra cultura, accanto ai nostri maggiori scrittori, ai nostri maggiori registi. In questo era simile, cioè era un elemento prezioso di qualsiasi società. Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo (applausi). Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro.
(..) Tutto questo l’Italia l’ha perduto, ha perduto un uomo prezioso che era nel fiore degli anni. Ora io dico: quest’immagine che mi perseguita, di Pasolini che fugge a piedi, è inseguito da qualche cosa che non ha volto e che è quello che l’ha ucciso, è un’immagine emblematica di questo Paese. Cioè un’immagine che deve spingerci a migliorare questo Paese come Pasolini stesso avrebbe voluto


Marguerite Duras


La mia amante sta sempre per arrivare. Lo spero così. In modo che non fugga mai. E se mai arriverà? Ti aspetterò dopo la mia partenza? Dimmi, tu. Che stai per passare. Di fronte alla mia finestra. Qual è la tua. Per quale morte succede anche. La mia morte
Mi amante está siempre a punto de llegar. Así lo espero. Para que jamás huya. ¿Y si algún día llega?. ¿Le esperaré también después de mi marcha?. Dímeto, tú. Que estás siempre a punto de pasar. Delante de mi ventana. Que es la tuya. Por la que también pasa la muerte. Mi muerte


Amo ferocemente, disperatamente la vita

Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro. (Pier Paolo Pasolini)


Il mio corpo è l'immediatezza della mia poesia. Perché non è un corpo definito. Eternità non eterna. Anche la malattia è sacra. Tutto è santo. (Anche, il linguaggio della malattia). La mia impotenza è falsa percezione. Falsa lettura della mia precarietà. Impotenza e precarietà sono il linguaggio della follia. Essere un corpo che parla senza nemmeno parlare di comunicazione. In tempi di malattia.

Confesso che sono pieno di un'altra luce. Che parlo e mi parli. Luce che mi piace, senza abbandonare l'eternità di quella luce, che le mie storie forzate dicono che proiettano. Non ho mai saputo fino ad ora che la poesia non è patrimonio del poeta. Anche se il poeta fa poesia della sua malattia. Nel frattempo, percorre quel sentiero verso il santo. Dove torno (ora), carico di parole senza pronunciali
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Mi cuerpo es la inmediatez de mi poesía. Porque no es cuerpo definido. Eternidad no eterna. También la enfermedad es sagrada. Todo es santo. Mi impotencia es falsa percepción. Falsa lectura de mi precariedad. Impotencia y precariedad es el lenguaje de la locura. Ser cuerpo que habla sin hablar siquiera comunicación. En tiempos de enfermedad.
Confieso que estoy lleno de otra luz. Que hablo y me habla. Luz que disfruto, sin abandonar la eternidad de esa luz, que mis forzados relatos dicen proyectar. Nunca supe hasta ahora que la poesía no es patrimonio del poeta. Aunque el poeta haga poesía de su enfermedad. Mientras recorre ese camino hacia lo santo. Hacia donde regreso (ahora), cargado de palabras sin pronunciar.

Pasolini e la Cultura Spagnola

RAFAEL ALBERTI: 50 ANNI DOPO
In collaborazione con L' Accademia di Spagna a Roma e l'Istituto Cervantes, il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia e il Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna, l'EMUI_ EuroMed University organizza il suo Congresso Internazionale 2019.
Si terrà a Roma il prossimo ottobre 2019




Io so, ma non ho le probe

Questo blog è dedicato a Pier Paolo Pasolini, poeta delle ceneri

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.


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