lunes, 11 de febrero de 2019

Non c’è acqua più fresca che al mio paese.


E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento
Fontana di aga dal me paìs.
A no è aga pì fres-cia che tal me paìs.
Fontana di rustic amòur.
Risuonò la parola ROSADA. Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare. Un ragazzo alto e d’ossa grosse… Proprio un contadino di quelle parti… Ma gentile e timido come lo sono certi figli di famiglie ricche, pieno di delicatezza, poiché i contadini, si sa, lo dice Lenin, sono dei piccolo-borghesi. Tuttavia Livio parlava certo di cose semplici ed innocenti. La parola “rosada” pronunciata in quella mattinata di sole, non era che una punta espressiva della sua vivacità orale. Certamente quella parola in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende di qua del Tagliamento, non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono. Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o scrivendo, certo m’interruppi subito […] E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stata solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere grafica la parola ROSADA.
(P.P. Pasolini, Empirismo eretico, Garzanti, Milano, 1972, p. 62)
Pasolini fissa così, in quella mattina dell’estate del 1941, quando viene pronunciata la parola rosada, l’atto di nascita della prima nuova poesia. La raccolta si apre con un breve componimento ispirato alle rogge che scorrono nel territorio casarsese, e canta la freschezza e la purezza di un mondo da scoprire. (www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it)

Fontana di acqua del mio paese.

Non c’è acqua più fresca che al mio paese.
Fontana di rustico amore.
(Riedizione di Poesie a Casarsa, Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa e Ronzani Editore, Milano 2019)


Fluir de agua renovada, saltos de luz sagrada, olor a verde húmedo, húmeda tierra, húmedos troncos. Bellamente ordenados. Alpendre de mis sueños, fuego de juventud. Fuente de mi rústico amor. Canto frío de besos. Agua fresca que diseñan manos, rocas-mano. En lechos domésticos de sueños fluviales. Hojas que gotean inocencia. Ella trae el rocío, ternura de mi color. Al alba de los rayos del poeta, que vuelve. Filtra sonidos en mi cuerpo, ojos de humedad eterna. Rocío, rosada, rugiada. Salvaje luz de agua sagrada, fresca tierra de leña virgen, juego de hermosura, alba húmeda de nuestra juventud salvaje. (© Román Reyes, 2019)




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